Giocattoli Futuristi: spiegazione completa

La storia vuole essere da un lato la ripresa di un tipo di rappresentazione
futurista,dissacrante e grottesca che riprenda dunque l’assenza di psicologia propria di questo tipo di azione scenica, e che inneschi nello spettatore un senso di smarrimento e stupore,pur rimanendo in una visione onirica-giocosa,
dall’ altro un “dramma” di tipo espressionista, che contestualizza l’uomo dominato dalla meccanicità da lui stesso costituita, e ne voglia risvegliare la coscienza sopita.
Il “dramma”, in realtà , è piuttosto ironico, e va a riprendere numerosi temi della letteratura italiana, come la “DIVINA COMMEDIA” o i “PROMESSI SPOSI”,
andandoli a sintetizzare in minuscole scenette.

Opere che hanno scandito la vita e il percorso culturale di tutti noi, temi e riflessioni “comuni” ..
Può essere in parte considerata autobiografica, può d’altra parte, se ci si riesce a calare nei panni impersonali dell’ “APROTAGONISTA” rappresentare un po’ tutti noi, che camminiamo senza stupore nel tempo e nello spazio, cercando quel qualcosa di diverso, avviluppati dai beffardi mutevoli ideali creati ad hoc proprio per consentire il funzionamento della società, ed ogni volta ne rimaniamo irrimediabilmente intrappolati, per poi svegliarsi e ricaderci , però, arricchiti interiormente, e un po’ meno “meccanici“.
Ho voluto dunque dare uno spunto di riflessione , specie per tutti noi “giovani”, che in questo momento stiamo lasciando quella dimensione “giocosa” degli studi e ci apprestiamo al LAVORO, o meglio, alla ricerca di esso (per chi non lo avesse già fatto):  cerchiamo, ogni volta che ci rendiamo conto di
essere un po’ troppo “automi”, di sollevare gli occhi e vedere ancora
la vita in maniera giocosa e primativista, cerchiamo, ogni volta che ci svegliamo, di sorridere, anzichè rimanere sopraffatti, sulla nostra meccanicità, e su quella degli altri.
Lascio a VOI le altre conclusioni .

SCRIPT

Dopo un incubo (o realtà) opprimente, avvenuto
meccanicamente all’interno della sveglia, il protagonista
si risveglia di soprassalto, avventandosi
contro la sveglia e poi facendo cessare l’ altro
rumore, questa volta non meccanico: il gallo.
Dopo aver fatto rapidissimamente colazione,
scende nella natura incantata del paese, dove
però, dopo un primo momento di idillio si svelano
tutte le sfaccettature grottesche, ridicole ed
orrende che anche questo paesaggio fiabesco
offre.
Dopo un breve spostamento, fatto di incontri di
personaggi meccanici, che svolgono la loro funzione
in maniera “automatica”
Il culmine del grottesco si ha nel SUICIDIO: un
automa, fra i più meccanici della narrazione,
forse oppresso proprio dal suo meccanicismo, si
getta nel vuoto, e subito è inghiottito dalla terra.
Pioggia, vento, diavoli ne cancellano le tracce,
ma quando ormai è sprofondato interviene la
BENIDIZIONE: l’ atto (o forse semplicemente la
pioggia) spegne le fiamme dell’ inferno, la terra
si richiude ed il mondo è salvo: il protagonista,
insieme ad altre creature, si sofferma a contemplare
la misticità dell’ esistente.
Ma questo momento di estasi è turbato
dall’ entrata in scena di due automi minacciosi,
bravi manzionani ,alla cui vista il pacato esecutore
della benedizione fugge urlando, e l’ estasi
finisce.
Bar e rissa di ubriachi: il protagonista trangugia
un bicchiere (di CAMPARI, ovviamente), fa il
biglietto ed entra nella stazione periferica: luogo
ti transito, portale per il resto del mondo, ultimo
avamposto di quotidianetà .
Rapido salto sul treno, stridente divinità meccanica
mossa da fiamme, ingranaggi e bulloni.
Il paesaggio scorre rapido , la campagna viene
divorata avidamente dal mostro metallico, in un
violento turbine di forme e di colori che si compongono
in meccanismi viene annunciata la città.
Il protagonista impersonale giunge alla stazione
centrale, turbinio di meccanismi, automi lavoratori,
treni, automi passeggeri che vanno e vengono da
ogni dove, e sceglie,confuso dalla folla brulicante
un’ uscita secondaria, assolutamene solitaria.
Pochi passi a tentoni nell’ oscurità del tunnel
sotterraneo, e poi la caduta, il portale per
l’ INFERNO.
Per niente turbato dalle atroci sofferenze degli automi
dannati e dai ghigni minacciosi dei diavoli, fa
un breve spuntino e si dirige rapido all’ uscita, ma
invece di “riveder le stelle” continua a trovarsi
sottoterra, nella metropolitana, Subway.
Guadagnata l’ uscita, la minacciosità delle ombre
che spuntano nei vicoli secondari lo spingono a
tuffarsi nel vuoto, in un bidone della spazzatura di
un vecchio complesso popolare.
Questo luogo, microcosmo di naturalità
nell’ impersonalità urbana, lo porta all’ istintività
primitiva: insegue il gatto in rottambolesche
peripezie, fino ad imbattersi nel cacciatore asiatico.
Dopo il forzato ritorno alla normalità, contempla
la crescita della città: grattacieli, palazzi, brulicanti
macchinari da costruzione, divinità matrice
anche di uomini, espulsi in rapidissima sequenza
dal ventre della grande selvaggia.
Ormai inglobato nella serialità generativa, scivola
dentro a un imbuto, insieme ad altri oggetti ,spazzatura,
automi-uomini: riuscirà a intravedere un
amore, sintetizzato in una fatina -bella addormentata
segregata in una torre, per poi essere
“macinato” dalla macchina “sociale” ed essere
OMOGEINIZZATO nella struttura sociale, alquanto
MECCANICA, che domina il meccanismo- società in
cui vive.
Diventare cioè una piccola forza PROPULSIVA per
uno dei MILIONI di ingranaggi, costituenti uno dei
MILIONI dei meccanismi che muovono l’ esistente.